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Il funzionamento della cedolare secca non è ancora molto chiaro per i proprietari di case in affitto. In molti non hanno chiaro in quali casi hanno diritto ad applicare lo sconto fiscale con l’aliquota del 10%.

Chi è interessato da questo provvedimento?

1. Nel caso di contratti a canone concordato 3+2.
Lo sconto fiscale vale solo per locatori che abbiano stipulato contratti a canone concordato nei comuni ad alta tensione abitativa e che rispettino gli accordi territoriali.

2. Nel caso di contratti già stipulati a canone concordato con cedolare secca.
In questo caso, il vantaggio è automatico. Il proprietario non dovrà fare nulla, sarà il commercialista ad indicare la scelta dell’opzione e le specifiche del contratto con la dichiarazione dei redditi.

3. Nel caso di contratti a canone concordato stipulati senza l’opzione della cedolare secca.
Entro il termine del pagamento dell’imposta di registro annuale, il proprietario può decidere di optare per la cedolare secca, rispettando la procedura prevista dalla legge. E cioè:
– inviare una lettera raccomandata all’inquilino,
– presentare la scelta dell’opzione all’Agenzia dell’Entrate, rientrando così nel caso precedente (sarà il commercialista ad indicare scelta dell’opzione e tipologia di contratto nella dichiarazione dei redditi)

4. Nel caso di contratti liberi, l’aliquota della cedolare secca resta al 21% e non è possibile avvantaggiarsi dell’ulteriore sconto fiscale.
Qualora, dopo aver fatto gli opportuni calcoli, con l’assistenza di un esperto, il locatore volesse optare per la cedolare secca, dovrebbe prima risolvere anticipatamente il contratto 4+4, per stipularne uno nuovo a canone concordato. Anche in questo caso vanno rispettate le procedure previste dalla legge già descritte.

La cedolare secca sui redditi da locazione è stata una novità difficilmente capita.

Al suo ingresso sulla scena italiana, è stata considerata più una misura per far emergere l’evasione fiscale, che una misura per incentivare il mercato immobiliare.

Passati un paio di anni, il meccanismo è stato compreso meglio e anche dal punto di vista legislativo si è puntato sulla cedolare secca per rilanciare il settore immobiliare.

A fronte di canoni di locazione che tendono ad abbassarsi, occorre fare in modo che i proprietari di immobili considerino conveniente affittare, incentivandoli dal punto di vista della tassazione e della fiscalità.

Per questo motivo già nel corso del 2013 le aliquote della cedolare secca sono state abbassate dal 19% al 15%. Tuttavia occorre fare attenzione, in quanto non tutti possono godere di questo abbassamento di aliquota. L’aliquota al 15% può essere sfruttata solo da coloro i quali decidono di optare per i contratti a canone concordato.

Oggi vogliamo soffermarci su un altro aspetto.

Attualmente l’aliquota della cedolare secca per chi opta per i contratti a canone concordato è scesa al 10%.

Perché è una priorità aggiornare gli accordi territoriali?
1. Consentirebbe a tutti i cittadini proprietari di usufruire di questa forma di tassazione, che porta ad un risparmio fiscale, a prescindere dal luogo in cui si trova il proprio immobile, e anche per i contratti già in essere.

2. Convincerebbe molti proprietari riluttanti a dare in affitto le proprie seconde o terze case.

3. Permetterebbe un effetto calmierante del mercato. Mentre in precedenza l’effetto calmierante era necessario, visto il crescere dei canoni, adesso tale effetto serve a mantenere equilibrati i canoni, senza ribassi eccessivi, dando comunque vantaggi agli inquilini.

4. Consentirebbe anche agli inquilini di avere un piccolo risparmio. Parliamo delle imposte di registro annuali, dei bolli, e della possibilità che il canone non sia adeguato annualmente secondo l’indice ISTAT.

5. Consentirebbe una maggiore diffusione delle tipologie contrattuali diverse dal contratto libero.
Il nostro consiglio, per tutti i locatori, è di verificare la possibilità di applicare con convenienza il canone concordato, anche modificando la forma contrattuale ove possibile.

Per interpretare gli accordi territoriali esistenti, ed essere aiutati nei calcoli, contattateci inviando una mail a info@homingimmobiliare.it

Cosa c'è da sapere sull'affitto con riscatto

L’ affitto con riscatto, o rent to buy, è stata considerata una soluzione per portare nuova linfa ad un mercato immobiliare giunto ai minimi storici, al punto che si è meritato un approfondimento normativo.

La panacea del mercato immobiliare?

Parliamo di una formula contrattuale che è stata pubblicizzata negli ultimi anni come la panacea ai mali del mercato immobiliare. Un mercato che vedeva (e tutt’ora vede) una grande quantità di immobili invenduti e grandi difficoltà per nell’erogazione dei mutui finalizzati all’acquisto. Questo tipo di contratto, tuttavia, non è decollato, forse complice anche la grande confusione in materia normativa e fiscale che lo circondava, al punto che adesso si sta tentando con il Leasing Immobiliare.

Con il D.L. n. 133/2014, specificato dalle note interpretative del Consiglio del Notariato e dalla Circolare 4/E del 2015 dell’Agenzia dell’Entrate, riguardo all’affitto con riscatto, tuttavia, sono intervenute delle norme più chiare che si spera diano una spinta propulsiva al mercato.

Cerchiamo di capire di cosa si tratta.

  • L’affitto con riscatto, tecnicamente è un “contratto di godimento in funzione della successiva alienazione”. Un contratto atipico, che non rientra in nessuna delle fattispecie utilizzata fino ad adesso (locazione con patto di futura vendita, o compravendita con riserva di proprietà), le cui parti sono il conduttore (chi acquisisce il godimento del bene) e il concedente (chi concede l’immobile).
  • Per una maggior tutela del conduttore  è previsto  l’obbligo di trascrizione dell’affitto con riscatto nei registri immobiliari.
  • La durata massima prevista è di 10 anni, per dare alle parti la possibilità di una ampia copertura giuridica lasciando la libertà di scelta sulla durata del periodo di godimento.
  • Il conduttore mantiene il diritto di scegliere se riscattare o meno l’immobile.
  • Secondo la norma occorre stabilire quanta parte del canone versato è da considerarsi come acconto del corrispettivo finale e quanta è da considerare il pagamento per il godimento dell’immobile.
    Questo in quanto, il regime fiscale delle due parti sarà diverso: imposta di registro al 3% per la parte considerata acconto della compravendita, e cedolare secca o regime IRPEF per la restante parte.
affitto con riscatto: Uno schema da adattare alle esigenze

Chiariti questi aspetti normativi, possiamo dire comunque che lo schema da scegliere resta molto personale e dettato dalle esigenze del conduttore e del concedente.

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Home staging costo o investimento
Da circa un anno ci siamo avvicinati al magico mondo dell’home staging, leggendo, imparando, partecipando a corsi, ma soprattutto, sperimentando.
Nonostante le nostre rassicurazioni sull’efficacia di questa tecnica di valorizzazione immobiliare, i proprietari  risultano ancora estremamente diffidenti e soprattutto, ritengono si tratti di un “costo” a loro carico.
Non riuscendo a convincerli semplicemente con la parola, o con le immagini, oggi proviamo con i numeri.

Abbiamo calcolato il tempo di giacenza medio degli appartamenti sui quali abbiamo effettuato l’intervento di home staging (parliamo di immobili in affitto).

Gli immobili, pur essendo pubblicizzati al giusto canone, erano fermi in media da 5,5 mesi.

Dopo il nostro allestimento, il primo risultato valutabile è riferito al numero di visualizzazioni degli immobili che è aumentato del 900% solo sul sito della nostra agenzia.

A queste visualizzazioni vanno poi aggiunte a quelle dei portali immobiliari sui quali noi pubblicizziamo gli immobili e le visualizzazioni direttamente in agenzia.

Questo ci ha consentito di avere una proposta scritta dopo solo 1,6 visite in media ad immobile staged, permettendoci di andare a stipula di contratto dopo in media solo 26 giorni di pubblicità.

Il tempo di giacenza si è quindi ridotto in media dell’84%.

POST HOME STAGING

GIACENZA VISUALIZZAZIONI

– 84%

+900%

Se questi dati ancora non dovessero risultare convincenti, analizziamo l’argomento dal punto di vista economico.
Prendendo ad esempio uno degli appartamenti da noi allestiti, con un canone di affitto richiesto di € 450,00 e una quota condominiale mensile di € 35,00 nei 5,5 mesi di giacenza, il proprietario ha perso € 2675,00 senza calcolare gli altri costi (tasse e manutenzione).
CANONE DI LOCAZIONE QUOTA CONDOMINIALE GIACENZA MEDIA MANCATO INCASSO
          € 450,00      

€ 35,00

5,5 MESI

€ 2675,00

Ma quanto costa il servizio di home staging ad un proprietario che si rivolge alla nostra agenzia? In questo momento, per promuovere il nostro servizio (che ricordiamo parte dalla valutazione dell’intervento da effettuare, l’acquisto del materiale adatto, l’allestimento, il servizio fotografico, la pubblicizzazione) c’è da pagare solo l’acquisto/noleggio del materiale da allestire, quindi una cifra che si aggira intorno ai € 150,00.

A questo punto cari proprietari, occorre iniziare a pensare e a ragionare in termini imprenditoriali.

A fronte di questi numeri, l’home staging è un costo o un investimento?

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