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La commissione Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento Europeo, ha dato il via libera alla proposta di revisione della Direttiva europea sulle case green, ovvero sulle performance energetiche degli edifici.

Di cosa si tratta?

La Direttiva UE sulle case green (Energy Performance of Buildings Directive – EPBD) è uno strumento che nasce con due obiettivi: la riduzione delle emissioni nette di gas serra di almeno 55% entro il 2030 e il conseguimento della neutralità climatica entro il 2050. Secondo la Commissione Europea, infatti, gli edifici presenti negli Stati dell’Unione sono responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas serra del loro territorio.
A marzo ci sarà la seduta plenaria del Parlamento con la votazione sulla posizione finale del Parlamento stesso, che darà il via al negoziato (detto “trilogo”) con le altre istituzioni dell’Unione (Commissione e Consiglio) per arrivare poi alle disposizioni finali.

Obiettivi ambizioni quelli fissati dal Parlamento europeo

Cosa prevede la Direttiva “Case green”

Tutte le nuove costruzioni dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028, dotandosi di tecnologie solari laddove possibile. Gli edifici residenziali sottoposti a importanti ristrutturazioni, invece, avranno tempo fino al 2032.
Gli edifici residenziali dovranno raggiungere la classe E entro il 2030 e la D entro il 2033. Per gli edifici pubblici, invece le scadenze sono più ravvicinate e, rispettivamente entro il 2027 e il 2030.
Secondo il Parlamento Europeo, i Paesi membri devono garantire l’abbandono dei combustibili fossili negli impianti di riscaldamento, a partire dai nuovi edifici fino ad arrivare a quelli oggetto di importanti ristrutturazioni, entro la data di recepimento della Direttiva. In ogni caso, l’obiettivo è quello di eliminarli totalmente entro il 2035 salvo deroghe specifiche.

Ogni Stato membro potrà stabilire le misure necessarie per raggiungere questi obiettivi, tenendo conto delle peculiarità e delle diversità del patrimonio edilizio nazionale. Il Parlamento suggerisce anche che i piani nazionali di ristrutturazione prevedano schemi e misure di sostegno per facilitare l’accesso a sovvenzioni e finanziamenti, con sovvenzioni e sussidi per i proprietari degli edifici con le peggiori prestazioni e per le famiglie più vulnerabili.

Le Case Green per combattere la povertà energetica

La povertà energetica

L’aumento dei prezzi dell’energia, ha portato a livelli istituzionali, forse per la prima volta su ampia scala, il dibattito sulla necessità della riduzione dei consumi e dell’efficienza energetica degli edifici.
La cosiddetta “povertà energetica” (l’impossibilità delle famiglie di poter affrontare le spese relative al riscaldamento delle case e all’uso dell’energia elettrica) ha posto l’attenzione sulla necessità di avere abitazioni con migliori prestazioni e minori consumi, in modo da consentire alle persone di affrontare le giuste spese senza mettere a repentaglio la propria salute.

Il dibattito

Il testo del Parlamento è ormai definito, tuttavia sarà il negoziato con le atre istituzioni a dare l’avvio ad un ampio dibattito sia a livello europeo che dei singoli Stati membri. Si tratta di un argomento che interessa la materia politica, sociale, economica nonché climatica.

In Italia

I Ministri italiani dell’ambiente, degli affari europei e quello dello sviluppo economico, hanno immediatamente chiarito la loro posizione di forte dubbio rispetto a questa direttiva.
Il patrimonio edilizio italiano ha delle peculiarità dovute, in primo luogo all’antichità. Si stima che il 65% degli immobili sia costruito senza alcuni criterio di risparmio energetico. Ciò determina un fabbisogno di circa 2,5 volte superiore rispetto agli edifici costruiti con maggiori requisiti di efficienza. Riscaldare queste case comporta una grave dipendenza dal gas naturale con i rischi di povertà energetica già descritti.
Nonostante la situazione italiana, dunque, al momento gli obiettivi della direttiva sono visti come troppo ambiziosi.

I paesi membri potranno fare valutazioni specifiche sul loro patrimonio immobiliare

Le deroghe

La direttiva prevederà, tuttavia, delle deroghe. Si pensa di escludere dall’applicazione della direttiva:
– monumenti ed edifici sottoposti a tutela e quelli situati in zone protette
– gli edifici residenziali utilizzati meno di quattro mesi all’anno o comunque con un consumo energetico inferiore al 25% di un consumo annuale
– gli edifici di culto
– le strutture temporanee.
I paesi membri, inoltre, nella bozza del Parlamento hanno la possibilità di valutare fattori come il costo delle materie prime, la possibilità tecnica di realizzare gli interventi e anche la disponibilità di manodopera qualificata.

Divieto di vendita o di affitto?

Assolutamente no. La Direttiva non introduce alcun limite in questo senso. Qualora il limite fosse posto, sarebbe una scelta degli Stati membri al momento del recepimento della Direttiva stessa. 

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Viva-Magenta

Viva Magenta!

A cosa inneggiamo oggi? A una “tonalità non convenzionale per un mondo non convenzionale”, al Colore dell’anno 2023 di Pantone.

Viva Magenta discende dalla famiglia dei rossi e si ispira al colore della cocciniglia, uno dei più forti e preziosi coloranti naturali. È un colore coraggioso, impavido ed esuberante che incoraggia la sperimentazione e l’espressione di sé.
È una tonalità rigorosa, sicuramente adatta al femminile ma anche al maschile, per cui, negli utilizzi futuri potrà essere sfruttata questa sua caratteristica genderless (impresa che al Very Peri difficilmente sarà riuscita perfettamente).

Diciamo la verità, anche quest’anno, non parliamo di un colore nuovo, ma di una tinta già presente nelle nostre case, fra i nostri accessori, nel make up.

Ciò che di nuovo ha introdotto Pantone nell’esperienza del Colore dell’anno è un esperimento di design chiamato “The Magentaverse” che esplora le relazioni tra nuove tecnologie e creatività umana. Una mostra interattiva, fatta di stanze multisensoriali guidate dallo spirito di Viva Magenta, che esamina le connessioni fra natura e tecnologia, che si terrà negli spazi di Artechouse di Miami.

Come utilizzeremo Viva Magenta?

Nell’arredamento è un colore facile da abbinare, in quanto si adatta perfettamente ai colori caldi e a quelli freddi. Pantone, oltretutto, pensa davvero a ogni possibilità e ci propone già delle palette pronte, per non sbagliare nell’accostamento del Colore dell’anno. Abbiamo “Equilibrium”, “Ignite”, “Family Ties” ed altre, che utilizzano il nuovo colore dando la possibilità di non buttare via tutti i Colori dell’anno degli scorsi anni.
Si possono scegliere complementi di arredo, mobili e armadi e o decidere di utilizzarlo per le pareti.
Per esperienza, suggerisco cautela con le pareti colorate, che io personalmente adoro, ma che a lungo andare tendono ad appesantire gli spazi e, in generale la vita. Questo non toglie che una piccola parete, in uno spazio della casa che sia luminoso, con il Viva Magenta darebbe all’immobile una bella sferzata di energia cosmica.

Non solo Pantone

Chi si occupa proprio di design nell’architettura, invece si mantiene sempre su colori molto più neutri, forse perché invece dell’aspetto creativo, analizza e cerca di soddisfare maggiormente quello prettamente commerciale, collegandosi materialmente alla produzione di vernici.  Per Sikkens, infatti, il colore dell’anno è “Wild Wonder”.


“Wild Wonder” e le sue palette collegate, portano energia, equilibrio e gioia negli spazi abitativi e lavorativi. Sono colori luminosi ispirati ai raccolti nei campi. Si tratta in pratica di un giallo pallido, che ricorda la polpa di banana, descritto dal brand stesso come “un oro tenue con accenni di verde, che si ispira ai baccelli dei semi freschi e al grano del raccolto”.

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Ogni periodo storico ha le sue tendenze, nell’arredamento e per la vita quotidiana, che rispecchiano ciò che accade nel mondo.
In questi ultimi due anni, il modo di vivere le nostre case è radicalmente cambiato: sono diventati spazi multifunzionali in cui lavorare, studiare, fare ginnastica. Dall’elogio delle città che non si fermano mai, con un luogo per fare ogni tipo di attività, siamo passati ad esaltare gli spazi casalinghi e i pregi del non dover mai uscire.
Tutto ciò ha avuto molti risvolti sociologici e psicologici, tuttavia l’attenzione degli esperti di interior design si è spostata sulla necessità della casa come luogo in cui ricostruire il proprio benessere fisico e mentale, il luogo in cui sentirsi al sicuro, il proprio rifugio in cui vivere con serenità anche i momenti più difficili.
È nata così la homefullness.

Homefullness è la parola utilizzata per la prima volta dalla storica culturale Tiffany Watt Smith e che può essere spiegata come il “piacere di arrivare nel luogo che sentiamo nostro” (vi ricorda qualcosa?). È chiaramente una parola nuova, ma era necessaria proprio perché rispetto a quanto accaduto a partire dal 2020, abbiamo vissuto sensazioni nuove, che non siamo stati in grado di descrivere. Si richiama alla pratica buddhista della mindfullness che attraverso pratiche meditative, insegna a vivere il presente come il tempo da accogliere, come casa e spazio in cui vivere per sentirsi a proprio agio. La homefullness si riferisce, quindi, alla sensazione di piacere, appartenenza, relax e sollievo che proviamo quando rientriamo a casa.
Per farci vivere al meglio la homefullness, è chiaro che la nostra casa deve poterla trasmettere.
E quali sono i principi di questa nuova tendenza?

Si chiama homefullness la tendenza dell’arredamento per il 2022

Ordine
È molto importante che la casa sia tenuta in ordine, perché la sensazione di tranquillità sparisce quando si rientra e si trova confusione. Il disordine è controproducente e disturbante, per cui il consiglio è di uscire di casa lasciandola esattamente come vorremmo ritrovarla al rientro.

Semplicità nell’arredamento
A prescindere dallo stile scelto, le case non vanno sovraccaricate di oggetti, mobili, quadri e qualsiasi altra cosa. Il discorso vale anche all’interno degli armadi e dei mobili. Non serve riempire la casa di arredi, anzi, bisogna praticare con costanza le regole del decluttering.
Senza voler diventare eccessivamente minimalisti, un’altra regola da seguire è quella di prediligere forme morbide, non spigolose, arrotondate.

Materiali e colori
I materiali da scegliere per l’arredamento e le suppellettili devono essere naturali, come legno, cotto e pietra. I tessuti devono essere di cotone, lino canapa, seta, juta e fibra di cocco.
Non bisogna dimenticare le piante, che oltre a contribuire a purificare l’aria e a riequilibrare i livelli di umidità, portano freschezza e un tocco di colore del tutto naturale. Non è un caso, infatti che il colore dell’anno scelto da Pantone sia very peri, un colore che richiama la filosofia dell’homefullness.

Insomma, dal ritrovare in un qualunque posto nel mondo tutto ciò che ti serve per farti sentire al sicuro a casa, coccolato, immerso nei confort, quello che i danesi chiamano hygge, alla personalissima sensazione che solo la tua casa può donarti.

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Copertina-articolo-sul-riforma-del-catasto

Se ne parla dagli anni ’90 o forse anche da prima, ma solo adesso con la delega fiscale approvata dal Consiglio dei Ministri n.39, l’esecutivo ha il compito di riformare il catasto nei prossimi 18 mesi.

Rivedere le rendite catastali degli immobili situati su tutto il territorio nazionale è da molti anni una priorità. In Italia ci sono circa un milione di immobili fantasma, cioè ancora sconosciuti al catasto, e moltissimi altri, invece sono valutati sulla base di parametri che già da decenni non corrispondono agli effettivi valori di mercato (ma non solo), dando luogo a profili di iniquità connessi alla effettiva capacità contributiva dei possessori.

Cos’è il catasto?

Il catasto è l’inventario di tutti i beni immobili, terreni o fabbricati, esistenti sul territorio dello Stato, sia di proprietà pubblica che privata.
I dati in esso presenti hanno una fondamentale funzione fiscale, economica, civilistica, giuridica e topografica. Il catasto attuale presenta delle forti criticità, proprio alla luce delle informazioni essenziali in esso contenute e rispetto al suo utilizzo rispetto alle scelte di politica fiscale e locale nel settore immobiliare.

Le attuali rendite catastali degli immobili, ad esempio, si attribuiscono sulla base di tariffe d’estimo (le tariffe utilizzate dallo Stato e dall’amministrazione tributaria per determinare il reddito generato da un bene immobile) individuate alla fine degli anni Trenta del secolo scorso. Sebbene rivalutate con l’introduzione di un moltiplicatore, non sono più in linea con i valori di mercato, soprattutto per come questi tendono a mutare dinamicamente nel corso degli anni.
Ad esempio, non c’è omogeneità fra i valori catastali e quelli di mercato, non solo fra le diverse aree del Paese, ma anche all’interno di uno stesso Comune (in cui lo sviluppo delle città ha portato ad un aumento di servizi e infrastrutture, o a differenze abissali di valori di mercato fra i centri storici e i quartieri nuovi. Si parla, infatti, di valori addirittura quadruplicati per gli immobili dei centri storici).
Tutto questo porta, ovviamente, a grandi disparità sia considerando immobili di diverso pregio, che immobili simili.

La riforma del catasto nella legge delega

La riforma del catasto è indicata dal PNRR ed è l’articolo 7 della legge delega – “Modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e revisione del catasto fabbricati”- che ci indica le direttrici su cui si dovrà muovere il Governo.

In primo luogo, infatti, si prevede l’introduzione di strumenti volti a facilitare l’individuazione e la ricognizione degli immobili non censiti, o che non rispecchiano nel loro uso reale la categoria catastale, o abusivi, o terreni agricoli divenuti poi edificabili. Si prevede, poi, una condivisione di dati fra l’Agenzia dell’Entrate e gli Uffici Comunali.

In secondo luogo, si prevede la creazione di un sistema catastale che prenda in considerazione non solo la rendita, ma anche il valore patrimoniale del bene censito. Entro 5 anni e quindi a partire dal 1° gennaio 2026, infatti:

  • ad ogni immobile, verrà attribuito il relativo valore patrimoniale con una rendita attualizzata ai valori di mercato;
  • verrà effettuato un adeguamento periodico dei valori patrimoniali delle unità immobiliari tenendo conto dell’andamento del mercato;
  • verranno previste delle agevolazioni specifiche per gli immobili di interesse storico o artistico, considerando l’onerosità degli impegni di manutenzione e conservazione e dei vincoli previsti per il loro uso (che ne riducono spesso la redditività).
Punti controversi della futura riforma

Il punto controverso dell’impostazione di questa riforma, riguarda la possibilità che, fra cinque anni, le nuove rendite, per come verranno calcolate, saranno utilizzate come basi imponibili delle imposte. Nonostante le rassicurazioni dell’attuale Governo, si tenga conto che il sistema tributario italiano, prevede varie imposte e tasse che hanno, per l’appunto, come base imponibile il valore dell’immobile o la rendita catastale. Il primo pensiero va all’IMU, ma, ovviamente non è l’unico esempio (Tari, Tasi, solo per fermarsi nell’ambito dei tributi locali).

Se da un lato la necessità di uno strumento più aderente alla realtà attuale e più trasparente e moderno verrà soddisfatta, dall’altro, come fare a immaginare che la riforma di uno strumento che ha fini fiscali (vedi sopra) non comporti effetti fiscali?

Ne riparleremo fra cinque anni.

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